Festa di San Pancrazio patrono di Castel Giorgio – Rancata del maggio

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Il 12 maggio alla festa del patrono di Castel Giorgio.

 

Imperdibile la processione con la caratteristica “Infiorata” per le vie del paese che termina con la tradizionale “Rancata del Maggio”.

I giovani del paese gareggiano arrampicandosi su un grosso albero per raccogliere i doni appessi in cima.
La “festa del Maggio” esisteva a Castel Giorgio fin già da qualche anno prima del 1624 risultando ciò da documentazione di archivio ed intendendo per “festa del maggio”, soprattutto il “solito palo”.

 

 

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Il Bando documentale disponeva appunto che il “solito Magio” doveva essere piantato [e non alzato], solo dopo l’arrivo della processione e solo dopo che il “Signore”, [figura che sarà sostituita dall’attuale Festarolo del Maggio], dei Bifolci [agricoltori del contado], aveva portato il solito Cero in Chiesa.

Si trattava allora probabilmente di un palo di modeste e ridotte dimensioni rispetto a quello attuale che non prevedeva la rancata, come oggi, ma intorno al quale si svolgevano giochi, canti, balli e pasti.

Nel contesto del periodo napoleonico e con il cambiamento della nuova borghesia agraria, anche la festa del Maggio cambia e si trasforma probabilmente in quella attuale e cioè l’ arzata la sera dell’11 maggio [vigilia] e la rancata il 12 maggio.

La festa viene così dislocata su due giorni proprio perché l’albero Maggio assume ben altre dimensioni e grandezza: una pianta gigante di circa una ventina di metri che per essere piantata – o meglio a questo punto “arzata” – ha bisogno di un preordinato e collaudato rituale oltre che di attrezzi adeguati.

A fornire il Maggio è stata – in questi ultimi secoli – la famiglia Ravizza – Valentini di Montalfina.

Con l’ “imborghesimento” del rituale, il Maggio stesso non solo si arricchisce di tradizione, ma non rappresenta più un omaggio al Vescovo, qualificandosi invece come “albero della libertà”, secondo la tradizione anglosassone e francese.

Le interpretazioni fin qui avanzate sembrano spiegare adeguatamente i principali aspetti della festa del Maggio: la festa nella festa, la contrapposizione [ricomposta] tra sacro e profano, la simbologia della frasca di agrifoglio e di ghirlanda di bosso in cima all’albero ed il gallo che sveglia la gente e richiama l’idea di libertà; poi i doni – per lo più ciambelle – per tutti, come meritato premio finale.

Ed il perentorio a tutt’oggi ricordato monito [in dialetto castelgiorgese di probabile sapore ottocentesco] di non salire sull’albero fino a che il Santo non è entrato in Chiesa [nun se ranca sul Maggio ‘n zinanche che ‘l Santo n’è rento ‘n Chiesa], sta ancora lì a tenere separati due momenti che solo la saggezza popolare ha saputo e voluto ricomporre.

Per questo sembra giusto definire – come peraltro è stato fatto – il Maggio, come un archivio della storia locale.